
Ammissibilità dei messaggi whatsapp nei procedimenti civili
Negli ultimi anni, la comunicazione digitale è diventata sempre più centrale anche nei procedimenti giudiziari. La giurisprudenza italiana si è progressivamente adattata a questa evoluzione, affrontando il tema dell’ammissibilità dei messaggi WhatsApp come prove documentali. Due recenti pronunce della Corte di Cassazione offrono spunti di riflessione su questa tematica e definiscono con maggiore chiarezza il loro utilizzo nei procedimenti civili.
- Cassazione Sezioni Unite, Sentenza n. 11197 del 27 aprile 2023
Caso specifico:
La pronuncia trae origine da un procedimento disciplinare a carico di un magistrato, nel quale sono stati acquisiti messaggi WhatsApp contenuti nella memoria di un telefono cellulare. La Sezione Disciplinare del CSM aveva ritenuto utilizzabili le conversazioni, estratte tramite screenshot, senza la necessità di un sequestro del dispositivo.
Principio di diritto:
I messaggi WhatsApp e gli SMS conservati su un telefono cellulare sono utilizzabili come prova documentale ai sensi dell’art. 234 c.p.p. e possono essere acquisiti mediante mera riproduzione fotografica, senza l’applicazione delle norme sulle intercettazioni o sulla corrispondenza (art. 254 c.p.p.). La Corte ha inoltre sottolineato che non è necessario il sequestro del dispositivo da cui sono stati estratti i messaggi, purché sia garantita la loro provenienza e attendibilità.
- Cassazione Sezione II Civile, Ordinanza n. 1254 del 18 gennaio 2025
Caso specifico:
Nel contesto di una controversia contrattuale relativa alla fornitura e installazione di serramenti, una delle parti aveva prodotto messaggi WhatsApp per dimostrare l’accordo tra le parti e le condizioni pattuite. La controparte ne contestava la validità e l’attendibilità, sostenendo che i messaggi potessero essere stati manipolati o estrapolati in modo selettivo.
Principio di diritto:
Nel processo civile, i messaggi WhatsApp rientrano tra le prove documentali ex art. 2712 c.c., purché non venga contestata la loro conformità all’originale. Se la controparte nega l’autenticità, sarà necessario un accertamento tecnico, ad esempio una perizia informatica forense, per verificare la genuinità e la provenienza dei messaggi. Questa decisione conferma il valore delle prove digitali nel diritto civile, ma evidenzia anche la necessità di precauzioni nel loro utilizzo.
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Riflessioni e implicazioni pratiche
Le due sentenze evidenziano un principio comune: i messaggi WhatsApp sono prove documentali valide nei procedimenti civili, purché sia garantita la loro autenticazione e affidabilità.
- Se la controparte non contesta la provenienza o il contenuto del messaggio, esso assume valore probatorio pieno.
- Se invece la controparte contesta l’autenticità, sarà necessario dimostrare la genuinità del messaggio attraverso strumenti tecnici, come una perizia forense.
- L’acquisizione delle conversazioni dovrebbe avvenire in modo da preservarne l’integrità, evitando manipolazioni o selezioni arbitrarie.
Best Practice per l’utilizzo in giudizio
Alla luce di questi principi, ecco alcuni consigli pratici per chi intende utilizzare messaggi WhatsApp come prove nei procedimenti civili:
- Conservare sempre gli screenshot e, se possibile, fornire una copia forense dell’intero dispositivo per garantire la massima trasparenza.
- Evitare manipolazioni o estrapolazioni parziali dei messaggi per non incorrere in contestazioni.
- In caso di contestazione, essere pronti a richiedere una perizia tecnica per certificare l’autenticazione dei messaggi.
- Accompagnare la prova con altri elementi di riscontro, come email, registrazioni audio o altre comunicazioni scritte tra le parti.
Conclusione
L’uso dei messaggi WhatsApp nei processi civili si sta consolidando come prassi giurisprudenziale. Tuttavia, per evitare contestazioni, è fondamentale acquisire la prova in modo corretto, garantendo che la riproduzione sia fedele e supportata da elementi che ne attestino la veridicità.
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