Processato per aver curato. Assolto per aver curato bene.

Difendere un medico da accuse di malasanità non significa solo tutelare una persona: significa proteggere il valore della scienza, della precisione e dell’integrità professionale.

Un recente caso dallo studio MSDA discusso davanti al Tribunale di Busto Arsizio con sentenza 501/2025 ha riportato alla luce un tema delicato e sempre attuale: quello della responsabilità medica, spesso invocata sulla base di aspettative disattese più che su reali inadempienze.

In questo caso, un medico odontoiatra è stato accusato di aver causato gravi danni a una paziente, a distanza di anni dal trattamento.
La richiesta era ampia e ambiziosa:
a- risoluzione del contratto,
b- restituzione del compenso,
c- risarcimento per danni biologici, patrimoniali e futuri,
d- oltre alle spese mediche e legali.

Eppure, la ricostruzione documentale e clinica ha mostrato un’altra verità.
La nostra difesa ha dimostrato che:

  • non vi era alcun danno clinicamente rilevante;
  • le scelte terapeutiche erano non solo adeguate, ma addirittura più prudenti delle linee guida;
  • il nesso causale tra le cure effettuate e i disturbi riferiti era del tutto assente;
  • mancava ogni prova oggettiva del danno lamentato.

Anche la consulenza tecnica d’ufficio ha confermato: nessun danno biologico, né attuale né permanente.
Il trattamento è stato eseguito correttamente.
L’eventuale intervento futuro suggerito alla paziente non era né necessario, né legato ad alcun errore del medico.

Il risultato?

Il tribunale ha rigettato tutte le domande.
Nessuna risoluzione.
Nessun risarcimento.
Nessuna restituzione.
Con condanna alle spese a carico della paziente attrice.

Questa sentenza è un segnale forte per tutti i professionisti sanitari.
Perché difendere la propria professione oggi significa essere preparati, anche sul piano legale.

In questa decisione ritroviamo i cardini fondamentali della responsabilità medica:

  • l’onere della prova in capo al paziente;

  • il principio del “più probabile che non” per accertare il nesso causale;

  • il valore della documentazione clinica come strumento di verità.

Un caso che va oltre la singola vicenda.
Un precedente che rafforza il concetto di responsabilità come fatto tecnico, non come reazione emotiva.
Un riconoscimento a chi esercita la medicina con diligenza, rigore e serietà, anche in un contesto sempre più esposto a rischi legali.

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