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Lavori extra contratto o varianti: il committente paga sempre?

Durante l’esecuzione di un appalto, è frequente che l’impresa esegua opere non espressamente previste dal contratto originario. Possono essere semplici aggiunte, migliorie, interventi non urgenti o modifiche in corso d’opera.

Ma queste lavorazioni devono sempre essere pagate? E da chi? La risposta dipende da una distinzione cruciale: varianti contrattuali o lavori extra contratto?

La Corte d’Appello di Torino, con la recente sentenza n. 739 del 12 settembre 2025, ha fatto il punto in modo sistematico, chiarendo quando l’appaltatore ha diritto a un corrispettivo e quando invece l’opera ulteriore resta a suo rischio. Un principio che vale per i committenti privati, per le imprese e per i condomìni.

Varianti o lavori extra? Una distinzione cruciale

Il Codice civile disciplina all’art. 1659 le “varianti in corso d’opera”, cioè modifiche richieste dal committente che non alterano la natura dell’opera. Si tratta, in sostanza, di aggiustamenti funzionali o migliorativi concordati nel corso dei lavori, ma coerenti con il progetto iniziale.

Ben diversa è la categoria dei lavori extra contratto: opere non previste dal contratto originario, non necessarie per eseguire l’opera principale, e non autorizzate validamente dal committente. In questi casi, l’appaltatore ha diritto al pagamento solo se dimostra che vi è stato un nuovo accordo.

Cosa dice la giurisprudenza più recente

Sul tema della distinzione tra varianti e lavori extra contratto, la giurisprudenza recente ha operato un importante sforzo di sistematizzazione. Tra le decisioni più recenti e significative sul tema, la Corte d’Appello di Torino (sent. n. 739/2025) ha ribadito che, in assenza di un nuovo titolo negoziale, il committente non è tenuto a corrispondere alcuna somma per opere ulteriori, distinguendo tra varianti coerenti con il progetto originario e interventi radicalmente diversi per natura, quantità o funzione.

Su questa linea si colloca anche la Corte d’Appello di Campobasso (sent. n. 10/2023), secondo cui possono considerarsi varianti le sole modifiche migliorative o funzionali, purché contenute nei limiti quantitativi e qualitativi dell’opera commissionata. Quando invece le lavorazioni hanno carattere autonomo, eccentrico o aggiuntivo rispetto a quanto convenuto, occorre un nuovo e ulteriore contratto: non bastano la mera esecuzione o il computo metrico estimativo, che non è sufficiente a dimostrare il consenso contrattuale.

In linea con tali pronunce, la Cassazione (sent. n. 11491/2024) ha precisato che se le modifiche incidono in modo sostanziale sull’opera originaria, si esce dall’ambito delle varianti e si entra in quello di una nuova pattuizione, che non può essere desunta dal contratto originario.

Rilevante anche il principio espresso da Cass. 16222/2023: il consenso alle opere extra contratto può anche essere implicito, ma deve risultare da fatti concludenti inequivoci. Non è sufficiente l’utilità dell’opera perché emerga un obbligo di pagamento; essa rappresenta semmai un indice, non una prova.

Ancora più rigorosa la Cass. 347/2023, che ha escluso che il silenzio del committente o la mera conoscenza delle opere bastino a fondare un obbligo, richiedendo invece di verificare l’effettiva causa concreta dell’assetto contrattuale modificato.

In chiave più favorevole all’appaltatore, il Tribunale di Genova (sent. n. 2045/2025) ha valorizzato la condotta successiva del committente, ritenendo che l’approvazione della contabilità finale, il collaudo senza riserve o l’accettazione dell’opera possano rappresentare presunzioni gravi, precise e concordanti del consenso.

Il Tribunale di Foggia (sent. n. 1471/2025) ha ammesso l’utilizzo della CTU estimativa e dei prezzari per la quantificazione delle opere in assenza di accordo scritto, ma con la precisazione che l’utilità dell’opera deve essere oggettivamente accertata e riferibile all’interesse del committente.

Infine, la Cassazione (sent. n. 21515/2019) ha chiarito che, quando i lavori sono stati modificati per volontà del committente, il termine di consegna originario decade e l’appaltatore non è tenuto al pagamento della penale per ritardo, salvo diversa pattuizione. Il giudice, in ogni caso, può procedere a una riduzione equitativa ex art. 1384 c.c.

Quando il rappresentante non può decidere da solo

Nei rapporti con soggetti collettivi (condomini, società, enti), il potere del rappresentante (amministratore, dirigente, procuratore) è delimitato. Chi ordina lavori extra senza avere un potere espresso, non obbliga automaticamente il committente.

Se manca una delega formale o una ratifica, l’appaltatore potrà agire solo contro chi ha ordinato i lavori, oppure tentare di dimostrare un consenso implicito del committente.

Come si prova l’accordo per lavori extra

La prova può avvenire:

  • con documenti scritti (verbali, mail, ordini di servizio);
  • tramite testimonianze e comportamenti concludenti (approvazione della contabilità, collaudo senza riserve);
  • oppure, in mancanza di contratto, tramite azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., ma solo se manca ogni altro titolo.

La Cassazione (sent. n. 24314/2022) ha escluso la cumulabilità delle due azioni: o si agisce per contratto, o per arricchimento senza causa, non entrambe.

L’importanza della forma (anche se non richiesta dalla legge)

In teoria, il contratto d’appalto può essere anche verbale. In pratica, è fortemente consigliato che ogni modifica o prestazione aggiuntiva sia formalizzata per iscritto. Questo vale a maggior ragione nei rapporti con soggetti collettivi, dove la validità del consenso può dipendere da organi interni o da specifici poteri rappresentativi.

Appaltatori e committenti: come tutelarsi

Chi opera nel settore, a qualunque titolo, dovrebbe:

  • verificare i poteri del rappresentante che ordina variazioni;
  • richiedere un ordine scritto o una ratifica formale;
  • documentare ogni modifica concordata in corso d’opera;
  • inserire clausole contrattuali sulle “varianti consentite” e sulla gestione delle urgenze;
  • valutare, se serve, l’opportunità di un’ATP o una perizia.

Conclusioni

Nel diritto dell’appalto, non tutto ciò che viene eseguito deve essere pagato. La distinzione tra varianti e lavori extra è cruciale: le prime possono rientrare nel contratto; i secondi richiedono un nuovo accordo.

Per il committente, senza consenso espresso o comportamenti univoci, non sorge alcun obbligo. Per l’appaltatore, l’onere della prova è rigoroso.

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