nesso causale

Il nesso causale nella responsabilità medica: Cassaz. Penale n. 547/2025

Quando si parla di responsabilità del sanitario, la vera domanda non è solo se vi sia stato un errore, ma se quell’errore abbia davvero determinato l’evento dannoso. In diritto, questa domanda si chiama accertamento del nesso causale.

Una risposta recente ci arriva dalla Cassazione penale, sentenza n. 547/2025, che torna sul tema con una ricostruzione rigorosa e chiara, utile tanto ai giuristi quanto ai professionisti della sanità e della medicina legale.

Il caso: omissione diagnostica e morte del paziente

Il caso riguardava un medico del 118 che, intervenuto per un paziente anziano con dolore toracico, ometteva di diagnosticare un infarto miocardico acuto, mal interpretando tre tracciati ECG. Il paziente, trasferito con ritardo in UTIC, veniva sottoposto a intervento di angioplastica il giorno successivo, ma moriva poche ore dopo per shock cardiogeno.

Le Corti di merito (Tribunale e Corte d’appello) avevano ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta del medico e l’evento letale, fondandosi sulle risultanze peritali: in caso di diagnosi tempestiva e immediato trasferimento, l’intervento avrebbe avuto un’alta probabilità di successo (90-95% entro 48h, 70-80% a 30 giorni).

Il giudizio controfattuale e la “probabilità logica”

Secondo l’ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza (a partire dalla sentenza Franzese, Sez. Unite, 2002), nei casi di responsabilità omissiva colposa il nesso di causalità non può essere affermato in base alla sola probabilità statistica, ma deve fondarsi su:

  • una legge scientifica di copertura (statistica o universale);

  • e soprattutto un giudizio di alta probabilità logica, costruito sulla base di tutti gli elementi del caso concreto.

 Il giudizio controfattuale si chiede se, ipotizzando la condotta doverosa come tenuta, l’evento si sarebbe evitato o si sarebbe verificato in modo meno grave.

Oltre la statistica: il caso concreto al centro

La probabilità logica è qualcosa di più della percentuale. Tiene conto di:

  • età e condizioni generali del paziente;

  • stadio evolutivo della patologia;

  • efficacia dell’intervento non eseguito;

  • assenza di fattori causali alternativi;

  • esito effettivo dell’intervento (che nel caso concreto fu tecnicamente riuscito, ma ormai tardivo).

Nel caso in esame, la Corte ha escluso l’interferenza di cause alternative e ha valorizzato il dato oggettivo della riperfusione riuscita, sebbene tardiva, come dimostrazione del potenziale salvifico che l’angioplastica avrebbe avuto se effettuata in tempo utile.

Certezza processuale vs. certezza assoluta

Il diritto penale (ma anche quello civile, in casi analoghi) non pretende una certezza assoluta, ma una certezza processuale, che consiste in un elevato grado di credibilità razionale. Non si tratta di stabilire cosa è successo con assoluta precisione, ma cosa sarebbe verosimilmente accaduto, in base alle migliori conoscenze scientifiche disponibili e alle peculiarità del caso.

È questa la soglia oltre la quale il dubbio diventa irragionevole, e la responsabilità si può affermare.

Perché conta?

Perché in ambito sanitario la causalità è il ponte tra errore e conseguenze. Se quel ponte non è costruito con criteri corretti, si rischia di:

  • assolvere chi ha agito in modo negligente, se ci si limita a una valutazione probabilistica superficiale;

  • oppure, all’opposto, condannare senza prova, se si ignorano i possibili fattori alternativi.

E in mezzo ci sono i pazienti, i medici, le famiglie, le assicurazioni, le strutture sanitarie: tutti coinvolti in un equilibrio delicato tra tutela e responsabilità.

Conclusione: il nesso causale non è una formula matematica, ma un percorso logico, probatorio e scientifico che deve essere percorso con rigore, conoscenza e sensibilità.


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